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La telenovela delle “quote latte” ha già il finale scritto. A pagare siamo (stati) noi.

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di LUCA MARTINELLI – Ancora una volta si torna a parlare del vecchio caso delle quote latte, una disputa aperta nel lontano 1995 con l’Unione Europea e che ancora oggi non è giunta a conclusione. La Commissione europea ha infatti iniziato la procedura di infrazione contro il nostro Paese, reo di non aver ancora recuperato la cifra di 1,42 miliardi di euro dai produttori di latte italiani che hanno sforato le quote assegnate.

Il sistema del contingentamento delle quote di produzione di latte fu introdotto nel 1984 e dovrebbe essere finalmente mandato in soffitta nel 2015. Questa decisione, presa quando c’era ancora la CEE, è stata da sempre contestata dai nostri allevatori e dalla Lega Nord, che all’epoca dei Cobas del Latte (1997-1998) si fece portavoce delle loro proteste. Nel 2001, il Governo Berlusconi II propose addirittura all’UE di condonare il 75% delle multe, in cambio della fine delle proteste – ottenendo chiaramente un “picche” dalle istituzioni comunitarie.

Gli anni sono passati e, alla fine, chi ha pagato è stato ancora l’umile contribuente. Infatti, lo Stato italiano ha nel frattempo saldato il dovuto alle istituzioni comunitarie, le quali oggi ci avvertono che è “necessario” che l’Italia rientri del “prestito” agli allevatori “per evitare che le conseguenze ricadano sui contribuenti italiani, ma anche per evitare distorsioni della concorrenza con altri produttori europei ed italiani, che hanno rispettato le quote di produzione e pagato le multe sui surplus di latte prodotti“.

Verrebbe da dire che una cifra del genere aiuterebbe, soprattutto in tempi di crisi come questi, il nostro bilancio. Senza contare che, secondo la Corte dei Conti, in realtà il “buco” complessivo sarebbe molto più alto: circa 4,4 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi già anticipati dal Tesoro (ossia la quota antecedente il 1996, dunque inesigibili). E come da copione, i tentativi esperiti in passato per rientrare dei debiti si sono risolti in un nulla di fatto: la magistratura contabile spiega infatti che, fra multe rateizzate e multe versate in un’unica soluzione, solo 430 milioni sono finora rientrati nelle casse dello Stato.

Purtroppo, tutto questo è il risultato del combinato disposto della deleteria Politica Agricola Comune delle comunità europee – che ringraziando il cielo fra due anni verrà mandata in pensione – e del più classico campionario di comportamenti “furbetti” italiani, i cui effetti deleteri vengono solo pagati da chi “furbo” non è.

Della PAC abbiamo già parlato su queste colonne – ovviamente male, dal momento che si tratta di un compendio di norme che è nato per tutelare la produzione agricola della Francia e, in parte, anche dell’Italia e del Regno Unito. Un sistema di tipo protezionistico, che va contro i principi del Mercato Comune Europeo e contro l’idea stessa posta alla base delle Comunità europee.

Tuttavia, noi italiani ci abbiamo messo del nostro: i nostri allevatori (non tutti, quelli che si sono sentiti più “furbi” o più “tutelati”) hanno disatteso le regole, chi doveva sorvegliare sull’applicazione di quest’ultime ha prima trovato il modo per non applicarle nei fatti e poi ha cercato di coprire il tutto con il classico condono. E anche qui, c’è chi ha pagato tutto, chi si è limitato a pagare la prima rata per poi sparire nel nulla (senza che lo Stato facesse nulla per perseguirli dopo) e chi proprio non ha inteso pagare.

Il tutto mentre la destra xenofoba ed eurofoba (parlo tanto della Lega Nord quanto di certi ambienti ora militanti nel PDL) ha scelto di cavalcare l’onda di risentimento per mero tornaconto politico. Così, come al solito, alla fine della fiera hanno pagato solo i contribuenti (e i produttori) onesti, che versano non solo quanto da loro dovuto, ma quanto dovuto anche da altri.


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